Giuseppina
Turrisi Colonna: la donna dall’animo
di ferro e
di
fuoco.
*Da
Alessandro Lutman
Avrei
voluto scrivere di Federico II di Svevia, una delle figure
più interessanti
ed impressionanti dell’intero
Medioevo. Avrei voluto scrivere di questo mirabile sovrano che,
indubbiamente, diede un grande contributo per la nascita della
letteratura italiana. Il sovrano assieme a quella schiera di
funzionari che, oltre al lavoro di corte, si dilettavano
all’attività letteraria:
Giacomo da Lentini, chiamato il Notaro - presente sotto questo nome
nella Commedia - ed inventore del sonetto che tanta fortuna ha avuto
nel panorama poetico; re Enzo, il figlio di Federico; Pier della
Vigna - posto da Dante nel secondo cerchio dell’Inferno
dove risiedono i violenti contro se stessi (suicidi) - maggiormente
considerato per la produzione in prosa; Guido delle Colonne.
Tuttavia
il tema brevemente esposto è stato
nel corso della storia fin troppo sviscerato, raggiungendo in qualche
occasione lidi forzati: c’è chi,
infatti, vedrebbe nella scuola poetica siciliana il vero padre
dell’italiano
invece che Dante. Tesi certamente affascinante ma che sotto una lente
d’ingrandimento
si dimostrerebbe, a mio parere, quasi insulsa. Una precisazione:
ciò non
significa che il volgare adoperato - un Siciliano illustre - non
abbia dato alcun tipo di apporto alla creazione della lingua di
Dante.
Sentivo
il bisogno di trovare un soggetto diverso, poco noto sia agli
ambienti culturali sia ai non addetti ai lavori, ed ecco
l’illuminazione,
una rivelazione gradita ed inaspettata: la figura della poetessa
Giuseppina Turrisi Colonna doveva essere la materia di questo mio
scritto.
Nata nel 1822 a Palermo da una famiglia
benestante, dedita agli studi fin da giovanissima, tanto da comporre
la sua prima poesia nel 1836 all’età di
soli quattordici anni (Inno
a San Michele),
la Colonna possedeva un unico difetto che l’ha
portata a essere pressoché dimenticata:
essere donna.
Un’affermazione
opinabile, indubbiamente, tuttavia non priva di fondamento perché la
sua poesia è
sicuramente
degna di essere letta, se non altro in rapporto alla società in
cui viveva, dove le donne di rado riuscivano a mettere in mostra il
proprio talento. La Colonna ci riuscì.
Fin
dall’età verde
- per riprendere le parole di Leopardi - comprese il suo ruolo
sociale, ciò che
avrebbe dovuto essere: “Sola
m’intesi,
mi sentii poeta, / nel volere, nei desiri e negli accenti”.
E fu attraverso la poesia che cercò di
svegliare la sua amata terra, la Sicilia: “S’ei
gli spiriti
addormenta,
/ i vivi io desterò,
desterò i
morti; / e all’opra
generosa / la vita sacrerò,
gli inni, il pensiero”.
Versi stupendi, questi ultimi, dove dal punto di vista stilistico
risulta evidente la figura del chiasmo (i vivi desterò,
desterò i
morti; complemento-verbo / verbo complemento), mentre da quello del
contenuto si può apprezzare
la forza, il vigore con cui la Colonna si fa portatrice di un
messaggio di aperta e non velata rivolta.
Eppure,
a dispetto di quanto si potrebbe pensare, leggendo questi pochi
infiammati versi, ella fu una persona di indole schiva e solitaria,
esile e delicata di corporatura. In lei si fondevano due aspetti
forse contrastanti, ma sicuramente all’origine
del suo messaggio poetico, «in
membra delicate ed esili un’anima
di ferro e di fuoco»,
per riprendere le parole di Giacomo Zanella.
Giuseppina
Turrisi Colonna morì sempre
a Palermo all’età di
ventisei anni, nel 1848, lasciandoci una sola raccolta pubblicata nel
1846 dall’editore
Le Monnier a Firenze, a cui seguiranno altre tre pubblicazioni nel
1854, nel 1886 e nel 1915.
Ci
tengo a ringraziare il professore universitario di Palermo Giovanni
Inzerillo, il cui saggio presente nella rivista Incroci n. 31, mi ha
permesso di scrivere un ritratto, seppure brevissimo, di Giuseppina
Turrisi Colonna.
*Poeta
e studente universitario