(material enviado por la escritora siciliana)
(Infinito Edizione - Prefazione: Massimo Carlotto)
¿En
cuál dimensiòn?
Cuando en mi casa el silencio muerde tu ausencia y mi asombro se vuelve dolor por los tapices que he quitado y por aquellos que te he negado, por esos de turquesas marinas como el mar donde aprendiste a nadar y yo llamándote para que no te alejaras mas allá de mi mirada y tu volvías, pedacito negro con colita enrizada, cuando el amor por ti se burlará del tiempo y el olvido reconocerá su derrota, entonces dime, perrita mia, en cuál dimensión nos encontraremos?
Poesia di Anna Milazzo
Come la rugiada del mattino
o
La scia di una stella cadente
e
Noi incapaci di imparare
L'abbandono del nostro corpo
Come il granello di polvere
Sulla terra.
Primera presentación en libreria Feltrinelli de Firenze
Con la presidenta de la Cámara de Diputados de Uruguay en el 2005
Encuentro con una asociaciòn socio-cultural en Firenze.
Con la prof. y escritora Martha Canfield en la presentación en la Fondazione Kennedy
Presentación y conferencia con alumnos del Instituto Superior de Bologna
Presentación del libro en el Rotary Club de Firenze
Presentazione libri mio e di Vera Jarach, nell'ambito della mostra dell'avv. Marcello Gentili
Presentazione ad Arezzo con la curatrice Beatrice Gnassi
Foto salone del libro di Torino
Ritorno
Aidone,
una terrazza che si apre su una valle sconfinata, sulla pianura etnea
e i monti Erei. Sinuoso serpeggia l'antico fiume Gornalunga. Le
pietre della grande acropoli Morgantina conservano il suono dei passi
di antiche civiltà- Sicani, Siculi e altre- fino alla colonizzazione
greca. Oggi, nel grande anfiteatro, il tempo volta gli occhi al
passato che si materializza nell'atmosfera magica delle commedie,
delle tragedie e poesie degli intramontabili autori greci.
La dea di Morgantina elargisce dolci frutti ai suoi figli, in cambio di uno sguardo rispettoso e umile. Dionisio, invece, attende i forestieri con una coppa di vino e incita i musicisti a suonare melodie divine. I giovani, ebbri di vita, danzano fino all'alba, mentre i vegliardi assaporano i superbi formaggi, le olive e i frutti protetti dalla dea Korà.
Tutti i sensi si risvegliano in questa magica terra, un regno si schiude e fa tremare chi lo sfiora con un tocco soave, incerto, perché non sembra di questo mondo.
La dea di Morgantina elargisce dolci frutti ai suoi figli, in cambio di uno sguardo rispettoso e umile. Dionisio, invece, attende i forestieri con una coppa di vino e incita i musicisti a suonare melodie divine. I giovani, ebbri di vita, danzano fino all'alba, mentre i vegliardi assaporano i superbi formaggi, le olive e i frutti protetti dalla dea Korà.
Tutti i sensi si risvegliano in questa magica terra, un regno si schiude e fa tremare chi lo sfiora con un tocco soave, incerto, perché non sembra di questo mondo.
1.
Arrivo
in primavera ed è già il mio autunno
Cerco
impronte di bambina
Mai
andata via
Mi
inerpico, percorro una verdeggiante
Sottana
materna
Sfioro
pietre, sembianze dimenticate
Impregnate
di essenze millenarie.
Nel
vortice di emozioni colorate
Smarrisco
me stessa.
Dov’è
la mano paterna
A
ricondurmi nel ventre di una florida,
amara
terra?
La
mano è assente
Non
il ricordo del pianto di mia madre.
Fra
i dolci profumi della zagara
Scorgo
lo splendore negli occhi degli amanti e
L’arcaico
terrore della lontananza.
Aidungh’ *
Dalle sorgenti delle
alte acque
La vita germina
senza posa
Nasce segretamente
Si incanala verso
luoghi lontani
Nello scorrere
Il silenzio
sprigiona un ritmo
Emerge la parola
poetica
Privo di musica
Il logos rimane
muto.
Tessute di ritmi ed
armonie
Sono le figlie di
Morgantina
Anna Milazzo
16.08.2016
*Aidungh’: Aidone
in gallico siculo
POESIA di Anna (italiano-español)
Vita
Canto agli acini di uva matura
Ai rubini di melograno
Al fruscio delle ciliegie mature
Sulla terra nuda.
Canto alla pioggia che accarezza il giglio in fiore,
Ai miei passi leggeri sul tappeto di foglie
Agli occhi di notte di luna di Maia
Al mormorio dei rami
Al tuo sonno profondo che
Accompagna la mia insonnia
Caparbia nel capire chi sono.
Dimenticando scivolano le ore,
L'ombra di una ruga bacia
La pergamena, nostra pelle.
Anna Milazzo
Settembre 2014
Vida
Canto a los racimos de uva madura
A las semillas de la granada
Al roce de las cerezas maduras
Sobre la tierra desnuda.
Canto a la lluvia che acaricia el liro en flor
A mis pasos livianos sobre la alfombra de hojas
A los ojos de noche de luna de Maia
Al murmullo de los ramos
A tu sueno profundo que
Acompana mi insomnia
Empecinada en buscar mi ser.
Olvidando deslizan las horas,
La sombra di una arruga besa
El pergamino de nuestra piel
Emozioni autunnali
Un riflesso di luce
accarezza i rami dell'abete
Indora le foglie di
un albero caduco
Il mio corpo chiama
Reclama
Non si rassegna al
tempo che passa
Nel mio narrare
Rivivo le mie foglie
dorate
Parole sussurrate
Gridate
Scritte
Al tramonto divengo
me stes
In ogni parola
Mi chiudo a foglia
Sono salva
Resumen del libro en un blog: http://elblogdejuanjopereyra.blogspot.it/2013/07/publican-en-italia-libro-sobre.html
CUENTO DE ANNA MILAZZO
Es un soplo la vida
La vita è
un soffio. Sono le parole di un famoso tango, ma non solo. E’ la
riflessione comune sulla dimensione temporale della vita, sulla sua
brevità, talvolta accompagnata da una lieve nostalgia per le
occasioni perdute o per quelle vissute che non torneranno più.
Eppure non c’è solo la dimensione temporale in queste parole. Il
soffio è la vita stessa, è il primo segnale che diamo al mondo per
dire che ci siamo e l’ultimo per dire che ci congediamo.
Basta ascoltare il soffio per capire le emozioni, le speranze, le
energie che rompono il silenzio del mondo.
E non sempre è uguale, e non per tutti è la stessa cosa anche se
siamo immersi nella stessa terra, nella stessa casa o nello stesso
letto.
Ma si può essere contagiati dal soffio di qualcun’altro, di un
uomo, di un bambino, di un vecchio e persino da quello di un animale.
Sì, di un animale come Maia la mia cagnolina che con il suo soffio
mi trasporta nel mondo dell’infanzia, del gioco, della vita e anche
dell’incoscienza.
Quante volte quando esco con lei mi preoccupo di non essere travolta
dal suo soffio impetuoso, dalla sua frenesia di scorrazzare nei
prati o di cavalcare nelle acque di un ruscello?
E’ tempestosa, vibrante, impulsiva; non si può rimanere
impassibile al suo soffio.
Maia, una volta sciolta dal guinzaglio, corre a scavezzacollo,
inseguendo tutti gli uccelli che si trovano in quel momento a cercare
cibo fra l’erba e quando loro sono costretti a volare per
difendersi, si rivolge a me e abbaia.
E’ solo un Bau!
Vuole dirmi “guardami come sono brava “e i suoi occhi di lupetta
scintillano dalla gioia.
Anche quel Bau è un soffio, accompagnato da un’emozione o da più
emozioni: gioia, soddisfazione, richiesta di riconoscimento.
Adora strusciarsi sulle margherite bianche, lei tutta nera, con quel
pelo setoso, lucido, gli orecchi vellutati, il battufolino bianco
sul petto e le zampine spruzzate di nevischio.
Si rotola, si stropiccia la schiena mettendo in bella vista i
bottoncini delle sue mammelle e la fragolina fra le cosce,
trasformando il suo soffio in una melodia intrisa di piacere, di
innocenza e di semplicità.
Sono tentata di fare come lei, di strusciarmi sulle margherite o
sulle viole, impregnandomi della fragranza dell’erba fresca e
sentirmi tutt’una con la terra.
Ma anche a questo ci pensa Maia con il suo soffio. Attende che io sia
seduta e magari distratta per venirmi addosso come un razzo,
buttandomi per terra per giocare insieme, io sotto e lei sopra,
perché lei è dominante.
Il suo impatto sul mio corpo è un soffio vigoroso, vitale che prende
il suono di un ringhio giocoso.
Siamo due cucciole che giocano e si rotolano, non ci sono più
confini e non c’è nemmeno tristezza perché Maia non lascia spazio
al respiro affannoso di un’emozione cupa. L’affanno è per il
gioco di entrambe, per gli attacchi di lei su di me e per le sue
finte fughe.
Ma anche lei viene contagiata dal soffio della brezza che la
rinvigorisce, la richiama a seguire il suo respiro.
Lei si
adegua, segue il soffio del vento, lo sente entrare nel suo pelo che
viene scomposto. Maia sembra una punk, ride con gli occhi, si ferma
con il vento che sbatte sul suo muso affilato e si mette in posizione
di sfida, così per avvertirlo che lei si girerà e correrà con lui,
nella stessa direzione e il suo soffio la farà arrivare per prima al
traguardo.
Per lei non esiste differenza fra gli elementi della natura, gli
uomini e gli animali. Può giocare con tutto e persino il sasso
diventa il suo tesoro da portare a casa per custodirlo.
Il respiro della brezza increspa le acque limpide del fiume. Maia non
resiste, s’immette in quel lussurioso liquido ma non si adegua al
soave soffio. Lei cavalca seguendo il suo soffio interno, la sua
passione, la sua incoscienza. La mia incoscienza che mi portò al
largo, lontana dalla riva, seguendo il mio respiro di bambina, in
mezzo al mare dove non arrivavano le grida di mio padre
costringendolo a seguirmi.
Cascò in un mulinello, quel mare è traditore, ma io non lo sapevo.
Sulla riva, quando finalmente mio padre mi raggiunse, sentii il suo
soffio affannato, contratto, ma lui mi disse soltanto: “Sai credevo
di non rivederti più, sono cascato in un mulinello” e il suo
respiro piano piano si regolarizzò mentre i suoi occhi si riempivano
di lacrime.
Maia ora è più giudiziosa, sa che quando entra nell’acqua io ho
bisogno di essere rassicurata, perciò fra una cavalcata ed un’altra
trova il modo di dirmi BAU, “ci sono”.
Così come vuole essere anche lei rassicurata se io dormo un po’ di
più.
Si avvicina al mio letto, appoggia le sue zampine e le sue orecchie
cercano di captare il mio respiro. Rassicurata torna alle sue cose,
ma dopo poco ritorna e mi sfiora con una zampina. Le bastano poche
parole “Maia fra poco mi alzo” e lei se ne va.
Poi ritorna più decisa, la sua zampetta mi graffia e lei piange
finchè non mi alzo. Ha bisogno di sentire la sintonia dei nostri
respiri.
Talvolta quando l’aria annuncia un temporale estivo entrambe
entriamo in fibrillazione, un’euforia si impossessa di noi e ci
costringe ad uscire, a correre per poi tornare grondanti e
infreddolite.
Eppure entrambe in solitudine abbiamo vissuto l’abbandono in mezzo
alla pioggia, ai tuoni e ai lampi e siamo rimaste segnate da questa
esperienza.
Ma quando siamo insieme non abbiamo paura, i nostri respiri affannosi
si adeguano per giocare. Chi dà la tonalità gioiosa sotto la
pioggia? Non lo so. Non importa.
Finchè saremmo insieme il temporale sarà un impulso vitale, un
connubio con la natura, un pretesto di vicinanza giocosa.
L’erba è alta, Maia si inoltra in quello che a lei può sembrare
una giungla. Lì non corre, lì saltella come una cerbiatta e cerca,
trova, si impegna a catturare un soffio nascosto nell’erba.
Ciò che si scorge di lei sono le sue orecchie appuntite.
Fa una buca nel prato, ogni giorno è più profonda, chissà quale
soffio sente? Lei è molto curiosa e caparbia, insiste a scavare, il
suo corpo è tutto dentro la buca, rimane fuori solo la sua codina
riccia.
Quando esce è tutta avvolta in una nube di polvere. Anche oggi dovrò
farle il bagno. E anche quello è un gioco, è lei che lo fa
diventare un gioco.
Si potrebbe dire che “ha soffio da vendere” e per questo la sua
presenza è vitale per tutti.
Papà diceva sempre “quanta forza ha!”
Per lui la forza era tutto, era possibilità di lavorare, di
mantenere la famiglia, di dedicarsi alla sua passione per l’orto.
“I fagiolini quest’anno sono speciali”-diceva con orgoglio.
“Se non piove si rovina la verdura”- è questo per lui costituiva
una grande preoccupazione.
Quell’orto richiedeva tanto fiato, ma per lui non era sprecato.
Ricordo il giorno in cui i medici dell’ospedale mi dissero: “Suo
padre vivrà due, tre mesi al massimo”. Mi ero accorta che il suo
soffio aveva perso quell’ intensità di sfida al tempo.
Cercai di preparare la famiglia. Tutti negarono. “E’ solo un
piccolo disturbo, non vede l’ora di tornare ad occuparsi del suo
orto”!
Eppure qualcosa scattò in mia madre perché mentre dormiva,
sorvegliava il respiro di mio padre.
Poi la telefonata nel cuore della notte:“Mi sono accorta da un
soffio diverso, è stato un attimo”.
Maia andava alla sua bara e si alzava con le zampine per cogliere un
soffio. Niente. Tornava e nuovamente cercava di percepire un alito.
Alla fine si rassegnò.
Io no!
Quando si avvicinò l’anniversario della sua morte sentii la rabbia
per quella scelta. Per non aver voluto un luogo fisso, una tomba,
un’urna dove poter parlargli, raccontargli le cose che non ho mai
detto, belle e brutte.
Ma quella mattina mi si presentò nitida l’immagine di mio fratello
che rovesciava le sue ceneri in quella lingua sottile di acqua. Sopra
l’acqua una nube grigia si confondeva con l’aria.
Mi alzai presto e mi avviai verso il ruscello vicino a casa. C’era
ancora una nebbia trasparente che si alzava sopra l’acqua.
Sciolsi Maia e mentre lei correva nell’acqua, io affondavo nella
sottile tela grigia.
Tornammo sfinite, lei con la lingua penzoloni e il respiro affannato,
io intrisa di sudore e di polvere d’argento.
Es un soplo la vida…….un soffio impregnato da tante vite…….un
soffio di emozioni senza tempo e senza luogo.
El ceibo e il jacarandà
Fra il popolo guaranì viveva
un’indiana piccola e piuttosto bruttina dal nome Anahì.
Nei pomeriggi estivi la sua
voce dolce e cristallina riempiva d’incanto l’intera tribù.
Sentendo quella voce
melodiosa, gli spagnoli si avvicinarono con cautela e con i loro
fucili uccisero molti indios e ne catturarono altri, fra i quali
anche Anahì.
Gli spagnoli stavano
conquistando palmo a palmo le terre rigogliose dei popoli che
vivevano sulla riva dei fiumi Uruguay e Paranà.
Dopo avere ucciso gli abitanti
di queste terre, si insediavano con i loro prigionieri e li
utilizzavano come schiavi per la coltivazione e la costruzione di
città fortificate.
Anahì lavorava duramente il
giorno e piangeva la notte.
Anche il suo pianto era
melodioso nonostante la grande tristezza; sembrava il canto di una
sorgente.
Mentre la luna si rispecchiava
nel fiume, venne attratta da quel pianto e, avvolta dalle nuvole per
non farsi riconoscere, scese a terra dove il vortice amaro di un
sentimento umano la fece tremare.
Con cautela si avvicinò a
Anahì e, vedendola prigioniera, l’avvolse con il suo manto
notturno e la portò con sé lungo la riva opposta del fiume.
La notte seguente gli spagnoli
si accorsero dell’assenza di Anahì: mancava il suo pianto.
Avrebbero fatto a meno delle
sue braccia ma, notte dopo notte, sentirono un vuoto sempre più
profondo che li privò del sonno.
Si resero conto che, se non
dormivano, la loro forza si sarebbe indebolita e forse non sarebbero
stati capaci di difendere le terre conquistate.
Decisero di partire con una
barca ed esplorare le rive del fiume in cerca di Anahì.
In quei giorni di libertà
Anahì, non cantò nè pianse, temeva di essere udita dai suoi
carcerieri.
Passò di lì un uomo strano:
i suoi capelli erano neri e lunghi, i lineamenti marcati e il corpo
forte come tutti i charrùas, ma lo sguardo era azzurro.
L’uomo, vedendo Anahì le si
avvicinò, ma lei corse lungo il fiume; era spaventata.
I passi di Tabarè –così si
chiamava il giovane- erano agili come quelli di un leopardo e in
poco tempo le fu accanto, mentre con gesti amichevoli cercava di
rassicurarla.
Passò una settimana e Tabarè
insegnò ad Anahì alcune canzoni spagnole apprese da sua madre,
canzoni di culla, tristi e amorevoli.
Anahì iniziò a cantarle,
sempre più spesso e più forte, ormai si sentiva sicura con Tabarè
ed entrambi si sentirono attratti l’uno verso l’altra, tanto da
provare una sensazione sconosciuta.
Gli spagnoli, che non avevano
desistito nella cattura di Anahì, sentendo la loro voce, si
inoltrarono nella la boscaglia e con urla spaventose cercarono di
fare prigionieri entrambi i giovani.
Tabarè tirò fuori
rapidamente il coltello e lo piantò in mezzo al petto di un uomo,
mentre Anahì corse a prendere la lancia e la infilò nella fronte di
un altro.
Ma il nemico era numeroso e
ben armato, presto Anahì e Tabarè furono immobilizzati.
Questa volta la rabbia del
nemico non consentì un futuro da prigionieri alla coppia, decisero
di ucciderli.
La notte gli spagnoli accesero
due roghi: uno per Anahì e un altro per Tabarè.
Dopo qualche giorno dalle
ceneri del rogo di Anahì nacque un albero mai visto, frondoso, con
fiori rossi e carnosi che nella stagione autunnale si aprono
propagando i semi nelle terre fertili del Sudamerica. Il ceibo
diventò il simbolo dei paesi del Cono Sud.
Dalle ceneri del rogo di
Tabarè nacque l’albero possente del jacarandà. Nella stagione
primaverile si veste di fiori azzurri e profumati.
I rami di entrambi gli alberi,
con la complicità della brezza, si toccano e le foglie si
intersecano come ali di uccelli.
Lievemente volteggia nell’aria
un petalo azzurro come una lacrima che si inabissa nelle acque
profonde del fiume.
Anna Milazzo
febbraio 2015
Esistenza
Esitante l’estate si congeda,
veli di brina all’alba
sbiadite foglie accartocciate
sotto il fuoco rovente
dei giorni passati.
Brucia il mio corpo
scintillano le mie cellule
di ricordi tormentati.
scintillano le mie cellule
di ricordi tormentati.
Esistenze molteplici
liberate da misere prigioni
avvolti dai loro sogni.
liberate da misere prigioni
avvolti dai loro sogni.
E tu Bebe
seminando rivolte, passioni
rivoluzioni “belle”
come il viso di una Madonna
come un pugno di versi
allacciati nel cuore di un bambino.
seminando rivolte, passioni
rivoluzioni “belle”
come il viso di una Madonna
come un pugno di versi
allacciati nel cuore di un bambino.
HOY
Hoy canto al amanecer
A la aurora rosada
A mi ciudad querida
A mis dias de sol
Aquellos de lluvia.
No hay espacio hoy
para el temor.
Mi fortaleza es la
esperanza
Tajiente como una
navaja
Quiebra la
desiluciòn.
Se abren mis manos
El rocìo las besan
Busco tu cuerpo
Mis manos extrenan
Una dulce caricia.
Tempi (a mia madre)
Avvolta in un manto intessuto
dal groviglio dei tempi,
dai fili raccolti in vari continenti,
cerchi il tuo nido nella geografia del pianeta.
.
Ogni giorno di più
le parole stentano ad affiorare alle tue labbra e
i pensieri si sparpagliano
come uccelli spaventati.
Vivi nella regione sacra
dove i giorni scivolano nel sonno e
nel sogno impastato di oblio.
Stendi ai nostri piedi
tappeti di ricordi confusi,
di sogni gremiti di presenze.
Camminiamo su di essi,
con sobria leggerezza,
per accompagnarti
là dove
non ci saranno tracce
della nostra assenza.
Quasi niente
Lo schiudersi di un regno mi fa tremare
Prati interi di margherite
Di botton d’oro
Luoghi, odori, panorami che si scoprono
Distesa sulla terra
Attorno a me le montagne
Frontiere invulnerabili.
Si confondono i suoni
Trilli di uccelli, ronzii d’insetto
Scivola il sole dietro gli alberi
Vibra la prima stella nel firmamento
I suoni si accordano
Si fa musica
La musica è danza
Danzano le foglie
Le onde verdi mi cullano
La luna veglia il canto dei grilli
La danza si fa canto
L’’universo canta il suo canto
Non temo l’infinito
Sono terra sbriciolata sulla terra
Filo d’erba nel prato
Margherita fra i fiori
Un sospiro appena
Nell’istante del trionfo della vita.
Quasi niente
Lo schiudersi di un regno mi fa tremare
Prati interi di margherite
Di botton d’oro
Luoghi, odori, panorami che si scoprono
Distesa sulla terra
Attorno a me le montagne
Frontiere invulnerabili.
Si confondono i suoni
Trilli di uccelli, ronzii d’insetto
Scivola il sole dietro gli alberi
Vibra la prima stella nel firmamento
I suoni si accordano
Si fa musica
La musica è danza
Danzano le foglie
Le onde verdi mi cullano
La luna veglia il canto dei grilli
La danza si fa canto
L’’universo canta il suo canto
Non temo l’infinito
Sono terra sbriciolata sulla terra
Filo d’erba nel prato
Margherita fra i fiori
Un sospiro appena
Nell’istante del trionfo della vita.
Onda
I tuoi occhi, velluto della notte
Ardenti e luminosi
Ardenti e luminosi
Accarezzano la vita
Quando cumulo di nuvole
Rabbuiano i tuo sguardo
Rabbuiano i tuo sguardo
Temo la tempesta
Fantasmi attraversano
Il mio cammino
Fantasmi attraversano
Il mio cammino
Ristagno di ricordi
Imponenti ombre
Imponenti ombre
Marcano il passo
Delle mie mancanze
Delle mie mancanze
Non fu generosa
La mia cura
La mia cura
Troppo assidua,
troppo rapace
troppo rapace
Pianta fiorita in vaso stretto
Affoga il germoglio che
Lotta per crescere
Urgenza di lacerazione
Ferita sanguinante
Per me che non sono
E non finirò di essere
E tu vivi, cresci, fluisci
Voli come gli uccelli
Sorrido al tuo volo
Avvolta nel mio nido vuoto
ascolto il quieto respiro
il sonno profondo della terra
il mio silenzio
ascolto il quieto respiro
il sonno profondo della terra
il mio silenzio
Non c’è fine nel mio cammino
Anelo il sorriso del mare
L’onda marina
Il fluttuare del corpo
Sospeso nel tempo
Nell’infinito orizzonte
L’onda marina
Il fluttuare del corpo
Sospeso nel tempo
Nell’infinito orizzonte