Parte del libro:
Sonja Radaelli
GIALLO DIETRO LE SBARRE
Romanzo
Di Sonja
Radaelli
“Coloro che abiurano la
violenza, possono farlo perché ci sono altri
che la commettono per loro conto”
George Orwell
Parte
prima
I
“Dottor Allen?”
“Sì, sono, io chi parla?”
“Sono Thomas Mayr, vorrei anticipare l’appuntamento di questa
settimana se è possibile.”
“Mi dia un attimo, controllo in agenda. Potrei riceverla venerdì
alle 17.30, le va bene?”
“Direi di sì, la ringrazio, a venerdì.”
Thomas Mayr abbassò il ricevitore e guardò la scatola malconcia di
fronte a lui pregna dell’odore inconfondibile di carta bruciata.
Allungò la mano e con delicatezza prese una manciata di fogli che
erano al suo interno, li posò sul tavolo, si aggiustò gli occhiali
alla radice del naso e con gesti lenti e misurati si mise a
dividerli. Da oltre tre settimane stava esaminando quella risma di
carte impilate alla rinfusa dentro la scatola di latta che, sotto gli
evidenti segni dell’incendio, lasciava intravedere alcune tracce di
colore giallo. Per quanto fosse impossibile decifrare il contenuto di
alcuni passaggi, la maggior parte del manoscritto non aveva subito
danni e l’unico indizio che si fosse miracolosamente salvato dal
rogo, era il tipico odore acre che sprigionava ogni singolo foglio.
Thomas Mayr era venuto in possesso di quella scatola in modo
imprevisto.
Il suo studio dentistico, avviato ormai da sei anni e sito nella
parte occidentale della città di McAlester, distretto di Pittsburgh
in Oklahoma, non aveva avuto il successo sperato, i pazienti
scarseggiavano e quei pochi guardavano con diffidenza quel ragazzone
dalla mascella virile, la dentatura perfetta, che superando il metro
e novanta pareva più adatto a un ruolo da giocatore di rugby. Ogni
volta che ne faceva accomodare uno sulla sua Quiromed, una
costosissima poltrona di ultima generazione, il dottor Mayr aveva
come l’impressione che i suoi pazienti si sentissero condannati a
morte, nonostante cercasse sempre il miglior modo per
tranquillizzarli, cosa che probabilmente rendeva ancora più nervosa
la persona seduta.
Si era laureato in odontoiatria da ormai sette anni e per un breve
periodo, dopo il dottorato aveva fatto tirocinio in un piccolo studio
dentistico della città.
Erano stati in seguito i genitori a finanziare il progetto di
apertura di uno studio dentistico tutto suo, orgogliosi di quel loro
unico figlio nato che già entrambi non erano più giovanissimi,
particolare che l’aveva discriminato spesso nei primi anni
scolastici quando gli amichetti chiedevano immancabilmente come mai
vivesse con i nonni e non con mamma e papà. Aveva sofferto molto in
quel periodo per la mancanza di tatto dei coetanei, anche perché lui
adorava i suoi genitori, soprattutto la mamma che era ancora
bellissima e divertente, molto più di certe madri dei suoi compagni
che al contrario sembravano sempre arrabbiate e confuse. Le cose
erano pian piano migliorate negli anni, l’amore incondizionato per
i genitori e la consapevolezza che renderli fieri dei suoi successi
fosse un suo dovere, avevano fatto sì che s’impegnasse al massimo
nell’ambito scolastico e non solo. Ogni sera al suo rientro a casa,
trovava del buon cibo cucinato dalla madre e suo padre che aspettava
il suo arrivo trepidante e con già in mano il dvd della serie di
telefilm – Ellery Queen – della quale entrambi erano
appassionati. Restare a casa con gli anziani genitori non era un
sacrificio per Thomas che amava la quiete e la buona tavola.
"Non c’è nulla di più rasserenante che lavorare per
qualcuno impedito fisicamente a parlarti fino al compimento del
lavoro stesso." diceva a sua madre quando gli chiedeva della sua
attività e da qui l’idea che fosse giunto il momento per Thomas di
avere uno studio dentistico tutto suo.
Una volta localizzato il quartiere e trovato i locali, i lavori erano
iniziati pochi mesi più tardi, così come le complicazioni e i
dispiaceri. La morte repentina dei genitori a distanza di pochi
giorni uno dall’altra, era stato un duro colpo per Thomas, sebbene
fossero ormai molto vecchi, nulla faceva presagire l’imminente
dipartita di entrambi.
Il dolore del distacco si sommava al rammarico di non vederli
orgogliosi dello studio dentistico ‘Dottor Thomas Mayr – Denti
sani, denti perfetti’ la cui inaugurazione era prevista per la fine
di quello stesso mese.
Thomas avrebbe voluto rimandare la festa, ma l’agenzia alla quale
si era rivolto per organizzare l’evento, era stata categorica:
qualora non avesse rispettato la data, l'anticipo non gli sarebbe
stato rimborsato e il contratto sarebbe stato da considerarsi nullo.
Si trattava di una cifra considerevole e non gli sarebbe stata
restituita. L’agenzia gli aveva in ogni modo fatto notare che si
erano già attivati con pubblicità, spot radiofonici e televisivi
che annunciavano da settimane l’apertura dello studio dentistico e
che il servizio di catering attivato per il rinfresco, avrebbe
sicuramente preteso il pagamento del settanta percento della somma
pattuita. Quell’inutile spreco di denaro e la convinzione che sua
madre avrebbe disapprovato, lo convinsero che l’inaugurazione
avrebbe in ogni modo avuto luogo.
All’evento giunsero in molti, per lo più parenti che si erano
fermati in città pregustando per l’occasione un'ulteriore
abbuffata. Vestivano gli stessi abiti scuri e rigorosi che avevano
indossato durante la cerimonia funebre della mamma e sui loro visi
era stampata un'espressione commossa e triste che poco si addiceva a
una festa. Chi si avvicinava gli stringeva la mano, sorrideva e gli
porgeva le condoglianze per la grave perdita, tralasciando di
congratularsi per la nuova impresa, cosa della quale in altre parole,
anche lui non sentiva il bisogno, ma che l’evento avrebbe
richiesto.
Insomma, quello che avrebbe dovuto essere un giorno solenne, si era
risolto con una veglia funebre.
"Se questa non è sfortuna!" aveva urlato una volta rimasto
solo nella sala d’aspetto arredata con morbide poltroncine di
alcantara azzurra che avrebbero accontentato il gusto di grandi e
piccini. Si era pentito all’istante di quel suo scatto d’ira
pensando ai genitori morti e quando l’indomani non era riuscito
nemmeno ad alzarsi dal letto e aveva passato l’intera giornata a
guardare i telefilm di Ellery Queen senza nemmeno preoccuparsi di
recarsi al nuovo studio, aveva decretato che il baratro era ormai
troppo vicino, urgeva l’intervento di uno specialista. Il nome del
dottor Allen, psicoterapeuta, fu il primo che apparve aprendo la
pagina di ricerca su Google. Non esitò un attimo e compose il
numero. Tre giorni più tardi, iniziò la terapia che ancora adesso
seguiva se pure a cadenza irregolare.
Ma i fatti che seguiranno, nulla hanno a che vedere con la sfortuna,
o almeno, certe storie avrebbero potuto o dovuto avere un finale più
accomodante, ma la vita non è mai comoda, tutto ha un peso e una
misura e gli eventi non sempre sono controllabili, come ciò che
avvenne la mattina di circa un mese più tardi.
Era una calda giornata di primavera inoltrata e Thomas come sempre si
aggirava per lo studio deserto 'Dottor Thomas Mayr – Denti sani,
denti perfetti' canticchiando il motivetto della sigla di Ellery
Queen, mentre spolverava le dieci poltroncine, il tavolino di
cristallo con le riviste per mamme e bambini oltre ad alcune di sport
e caccia e pesca che riordinò di nuovo, anche se nessuno da giorni
ne aveva presa in mano una. Thomas guardò fuori dalla finestra con
aria perplessa e si sporse quel tanto che bastava per controllare se
dall’angolo della via ci fosse qualcuno di passaggio intenzionato a
farsi cavare un dente o anche per una semplice otturazione. Qualsiasi
cosa, purché chicchessia sedesse a bocca aperta sulla sua
costosissima poltrona. Le sue preghiere furono esaudite quando
un'utilitaria malconcia e di un inquietante color pisello, si fermò
proprio all’inizio del vialetto. Il dottore si ritirò dalla
finestra appena in tempo, prima che la donna che era scesa dall’auto
potesse vederlo.
La signora si presentò col tipico atteggiamento di chi è affetto da
un ascesso in bocca, nulla di drammatico, ma di certo il dolore e il
fastidio della gota gonfia e incandescente, dovevano averla indotta a
rivolgersi a un dentista. Con l'espressione affranta, lo sguardo
spento, l'occhio lucido strizzato in un ammiccamento fisso e l'angolo
della bocca piegato in una smorfia dolente, era stata chiara da
subito, lei il suo dentista di fiducia ce l’aveva, è che era
assente in quel momento - viaggio di nozze - aveva precisato come
fosse tenuta ad una giustificazione plausibile di causa di forza
maggiore. Il dottor Mayr aveva fatto del suo meglio, l’aveva
visitata e prescritto un antibiotico da assumere ogni otto ore per
una settimana e se la signora avesse voluto, avrebbe potuto
provvedere lui all'estrazione la settimana successiva.
“Credo che non potrò aspettare che rientri il mio dentista,
d’accordo, tornerò da lei.” gli aveva detto poco convinta.
“Grazie.” aveva risposto sorridendo di circostanza, certo che
fosse solo una scusa della paziente per togliersi d'impiccio.
Nonostante le previsioni, Lisa Giulia Orwell era tornata come
promesso, rassegnata e puntuale al suo secondo appuntamento,
l'emergenza era rientrata, il dolore sparito, si era sistemata sulla
favolosa Quiromed e si stava affidando alle sue cure.
Una bella mora tendente al rosso, con grandi occhi scuri, trentun
anni, due meno di lui, come recitava la scheda medica che
diligentemente aveva compilato in occasione della prima visita. Ed
era single, questo particolare era stato in seguito ripetuto da lei
stessa al momento della prima somministrazione dell’antibiotico.
Non ricordava il perché avesse voluto precisarlo, ma poco importava,
di certo quella giovane donna attraente non poteva essere interessata
a lui, di questo era certo, poiché lui stesso si riteneva uno
qualunque, uno che non lascia il segno.
L’estrazione fu un successo, nessuna complicazione, la
somministrazione di anestetico iniettata in ben tre punti intorno al
molare superiore destro, gli aveva permesso di lavorare in tutta
tranquillità e con l'assoluta certezza che la paziente non avrebbe
accusato alcun dolore, se non l'impercettibile puntura della punta
dell'ago che peraltro, la signora Orwell sembrava non aver percepito.
Il dottor Mayr usava un piccolo trucco per i pazienti più fifoni,
una goccia di anestetico sulla parte, prima di penetrare la gengiva.
Per quanto si fosse mostrata tranquilla, lui sapeva che un fondo di
timore è comunque insito in chi spalanca le fauci davanti ad un
volto imbavagliato e una mano armata di ferri pronti a esplorare il
cavo orale e non voleva rotture di palle; la sua assistente non c'era
e non doveva correre il rischio di un eventuale gesto inconsulto.
Tracciò una piccola incisione col bisturi, usò la pinza ed estrasse
il dente che uscì al primo tentativo senza alcuno sforzo. Suturò la
ferita con tre punti dopo di che le mise tra le mani una busta di
ghiaccio secco da tenere sulla guancia per qualche minuto e il
blister con le capsule dell’antibiotico.
Benché frastornata e sotto l’effetto dell’anestesia, la donna
non aveva accettato il suo consiglio di tornarsene a casa; nel giro
di un paio di ore l'anestesia sarebbe stata completamente smaltita e
un indolenzimento generale, se non un accenno di dolore, sarebbe
rientrato più velocemente se fosse rimasta a riposo.
“Devo rientrare al lavoro, ho un turno di otto ore, prenderò un
analgesico nel caso.” e così dicendo si era chinata per prendere
il borsone che aveva appoggiato vicino alla porta dello studio.
“Continui a mettere la borsa del ghiaccio ogni due ore e la tenga
per almeno dieci minuti.” le aveva suggerito.
“Sì, il ghiaccio.” aveva ribattuto lei con un’alzata di
spalle.
Non aveva capito perché si fosse infastidita, in ogni modo pensò
non fossero affari suoi e le fece strada verso l'uscita.
“Mi chiami se ha bisogno.” disse con cortesia e prima di
congedarla le consegnò un foglietto con le note di comportamento da
tenere nei giorni a seguire.
“Lo farò.” riuscì a biascicare la paziente mentre ripiegava
ricetta e promemoria.
A metà pomeriggio di quello stesso giorno il telefono dello studio
dentistico prese a squillare, era la prima telefonata della giornata.
Lasciò cadere la penna sul giornale delle parole crociate e rispose
al quarto squillo, tanto per dare l’impressione di essere un medico
impegnato.
Sul momento non riconobbe la voce falsata da una probabile
distorsione della mandibola.
“Sono venuta oggi per l’estrazione, temo mi sia saltato un
punto.”
Fu facile ricordarsi dell’unica paziente della giornata, eppure
prese tempo fantasticando su gli innumerevoli e immaginari clienti
dello studio dentistico, prima di rispondere.
“Venga che rimediamo, credo di poterla inserirla tra un
appuntamento e l’altro.”
“Sono in carcere, vengo appena posso.” fu la risposta dall’altro
capo della linea.
Quella frase pronunciata con fatica lo lasciò interdetto e senza
parole.
“Dottore è ancora in linea?”
“Mi scusi, non ho capito bene.” riuscì a balbettare dopo qualche
secondo di troppo.
La conversazione che seguì chiarì i fatti. La paziente
dell’estrazione non era stata incarcerata, era solo sul posto di
lavoro con la funzione di agente penitenziaria presso la struttura
della McAlester, prigione di massima sicurezza della contea. Il
medico tirò un sospiro di sollievo.
La Orwell arrivò trafelata, portando con sé una grossa scatola di
metallo gialla bruciacchiata in più punti. Il dottor Mayr le
permise di portarla all'interno dello studio medico senza porre
domande, tuttavia poco più tardi e forse per piacere personale, la
donna si sentì in dovere di parlargli di quel particolare oggetto.
“Si tratta di un componimento narrativo, un progetto che hanno
scritto dei detenuti una decina di anni fa o giù di lì, non so
ancora di preciso, dovrei controllare e questo è ciò che ne
rimane.” disse mostrando il contenuto della scatola gialla che era
ricolma di fogli che puzzavano di bruciato, alcuni erano scritti a
mano, altri a computer. Thomas storse il naso e Lisa Giulia Orwell,
chiuse il coperchio.
“Non ho capito, di che progetto parla?" pronunciò con un
certo imbarazzo, quella donna aveva il vizio di rendere le
conversazioni irritanti.
Però è tornata, disse la sua voce interiore che era identica a
quella di Jim Hutton nella memorabile interpretazione del famoso
detective televisivo Ellery Queen.
Thomas ripeté la domanda impostando il tono della voce rendendola
simile a quella dell’attore.
L’agente penitenziario liquidò la faccenda brevemente esponendo in
modo confuso il progetto al quale si riferiva.
“Mi scusi, ho questo brutto vizio di dare tutto per scontato. È
evidente che lei non sa nulla, però avrà sentito che sabato scorso
c’è stato un incendio al carcere?”
“Certo era su tutti i giornali, so che non ci sono state vittime,
una tragedia in ogni modo, chissà che paura sentirsi intrappolati.”
Lo guardò irritata, neanche fosse stata lei ad appiccare il fuoco.
Il dottore tornò sui propri passi e cominciò ad armeggiare con i
ferri chirurgici.
Lisa Giulia Orwell sbuffò sonoramente e attirò di nuovo
l’attenzione su di sé mentre cercava la posizione più comoda
sulla poltrona e riprese a parlare nel tentativo di rimandare ancora
per qualche istante la seduta dentistica.
“È un componimento narrativo, credo collettivo, che alcuni
detenuti hanno scritto molti anni fa. Se si sta chiedendo perché ho
io la scatola gialla, non saprei cosa rispondere, era buttata là in
mezzo a tutti i detriti, mi ha incuriosito e l’ho presa, ma quando
l’ho aperta e ho visto che la maggior parte degli scritti era a
penna, mi è passata la voglia di leggerlo, ho dato un'occhiata
sommaria e niente più.”
Il dottore, titolare dello studio dentistico – Dottor Thomas Mayr
denti sani, denti perfetti-, appassionato lettore e incallito fan
della serie televisiva ispirata alle avventure di Ellery Queen, pensò
e parlò così velocemente, che quasi non si rese conto che stava per
chiedere a una perfetta sconosciuta di affidargli quel manoscritto e
che se glielo avesse permesso, lo avrebbe letto lui e successivamente
sempre se a lei avesse fatto piacere, avrebbero potuto incontrarsi in
qualche luogo per bere qualcosa insieme e per parlare del romanzo.
Non capì ciò che gli prese, ma le parole uscirono fluide e sincere.
“Lo lasci qui in studio, sa a volte mi prendo qualche minuto per me
stesso, e leggere mi fa sempre piacere. Si è fatta un'idea di cosa
tratta il testo?”
“È scritto a più mani.” rispose la giovane donna colpita
dall’interessamento del medico.
“E’ un giallo? O forse un romanzo d’amore, o cosa? Una serie di
racconti?”
“Senta dottore, non è semplice decifrare la calligrafia degli
altri, ma certi personaggi ti restano nel cuore, è una scrittura
semplice in più punti, ma le vicende descritte mi sono piaciute, per
quanto sono riuscita a leggere.”
Il medico rimase pensieroso qualche istante.
“Se davvero vuole e se la sente, le lascio la scatola con ciò che
rimane e dopo veda lei.”
“Ok ci provo.”
“ Se ci ripensa porto via la scatola con me e tanti saluti.”
“No assolutamente, no.”
Il dottor Thomas Mayr si preparò a controllare la ferita, inserì lo
specchietto per verificare la situazione e con un rapido gesto
sistemò il punto allentato.
“Nulla di grave, Lisa Giulia, è stata bravissima, non si
preoccupi, deve solo avere un po' di pazienza e accortezza, vedrà è
questione di un paio di ore e non ricorderà nemmeno di aver avuto il
dente in bocca.” il suo senso umoristico era sempre stato banale,
tuttavia la giovane donna sorrise alla battuta e cominciò a
rivestirsi. Infilato il soprabito, prese la sua borsa, estrasse il
portafoglio e pagò la visita.
“Ora devo andare, grazie e se ci ripensa, intendo per la lettura,
mi chiami, verrò di persona a prendere il plico. Può buttare la
scatola se crede e mi chiami Giulia. Lisa Giulia è troppo lungo.”
aggiunse.
“D’accordo Giulia, le farò sapere.” Thomas la accompagnò fino
alla porta felice come un ragazzino che ha vinto un altro giro di
giostra.
“Sono stata fortunata, non ho dovuto aspettare neanche un minuto,
come le altre volte.” aggiunse la giovane donna con aria solenne
posando lo sguardo sulle poltroncine vuote della sala d’aspetto.
Poi se ne andò.
La sera stava calando, il sole spariva velocemente dietro il palazzo
dirimpetto. I bambini in strada gridavano concordandosi per il giorno
dopo con gli amici, uomini e donne incupiti dai loro pensieri si
recavano nelle loro case a passo svelto. Thomas guardò dalla
finestra dello studio pronto a cogliere quel momento d’intimità
che due giovani innamorati si scambiavano ogni sera a quell’ora
proprio lì sotto. Non era un guardone, ma un romantico e un
sognatore e se fosse potuto tornare indietro nel tempo, forse avrebbe
fatto veramente lo scrittore e non il dentista, in fondo che cosa
sarebbe cambiato, non avrebbe potuto eguagliare in successo i pochi
eletti, ma di sicuro le sue finanze non ne avrebbero risentito. Lo
studio dentistico era sicuramente una misera fonte di reddito e le
sue pretese erano sempre state modeste.
Dopo una cena frugale a base d’insalata di pollo da lui stesso
preparata e condita, aveva portato la scatola gialla in salotto e
aveva cominciato a riordinare i fogli. In sottofondo il sonoro della
televisione, la voce di Jmmy Hutton colmava il silenzio che aleggiava
nella stanza e lo faceva sentire meno solo. Canticchiò mentalmente
il motivetto della sigla e recitò le prime battute del protagonista
che conosceva a memoria e intanto lavorava e impilava seguendo una
semplice logica. Le calligrafie erano ben distinte e a mano a mano
che procedeva nel dividere le pagine, le impilava in ordine
crescente. A notte inoltrata, ogni plico era stato completato. Benché
non avesse contato le pagine, tra quelle scritte a penna e, quelle al
computer, più alcune che aveva ritenuto salvabili, il manoscritto
nell’insieme era di una certa consistenza. Rimase qualche minuto
assorto a contemplare quel tesoretto, indeciso su come procedere.
Lo stomaco prese a brontolare, era passata la una di notte e aveva
ancora fame. Pensò alla porzione doppia di lasagne che aveva
cucinato il giorno prima e in seguito surgelato per le serate tristi,
noiose e soprattutto in solitudine e benché si sentisse su di giri
ed eccitato, decise per uno strappo alla regola, quelle lasagne
meritavano un’occasione speciale e quella sera lo era. Prima di
coricarsi e dopo aver riordinato la cucina, guardò per l’ultima
volta i fogli impilati sul tavolo di mogano antico che era sempre
stato il vanto di sua madre e salì le scale verso la sua stanza da
letto. Qualche istante più tardi, riaccese la luce e prese dal
comodino il flacone delle pastiglie, ne prese una che inghiottì
senza acqua, scosse il flacone quasi vuoto e si fece l’appunto
mentale di ricordarsi di farsene prescrivere altre dal dottor Allen.
II
Lo studio del dottor Allen era situato al 246 di East Adam, era un
palazzo moderno con un comodo parcheggio nel sotterraneo e un
ascensore che portava direttamente ai piani. Thomas posteggiò la sua
nuova Volkswagen Beetle marrone metallizzato negli spazi designati
agli ospiti del centro clinico, scese dalla macchina, aprì il
bagagliaio e sollevò la scatola gialla, un sorriso soddisfatto si
disegnò sul suo volto quando la prese tra le mani. Inspirò l’odore
di bruciato al quale si era ormai affezionato e richiuse il
portellone.
L’ascensore era occupato e per un istante considerò di prendere le
scale, ci ripensò e rimase in attesa. Erano comunque quattro piani e
per quanto ultimamente si sentisse in forma, decise che non fosse il
caso di presentarsi dal suo analista con la lingua stretta tra i
denti. Attese con pazienza che l’ascensore raggiungesse il
sotterraneo, lasciò che gli occupanti uscissero e finalmente pochi
istanti dopo si trovò davanti alla porta del professionista.
Lo psicoterapeuta lo accolse con una calorosa stretta di mano e lo
invitò a mettersi a proprio agio. Seguì con lo sguardo Thomas che
lo precedeva abbracciando una curiosa scatola di metallo maleodorante
e lasciò che si sdraiasse sul divano di pelle nera tenendola in
grembo come il più prezioso dei tesori. Notò negli occhi del
paziente un guizzo di gioia che a stento riusciva a trattenere, era
chiaro che fosse sua intenzione parlargli di qualcosa di veramente
entusiasmante, così decise di sorvolare sul fatto che per ben tre
volte avesse saltato le sedute. Thomas si mise a sedere, posò la
scatola per terra e gli chiese scusa per il proprio comportamento, ma
lo assicurò che ciò che aveva da dirgli, era di estrema importanza
e lo fece senza mai distogliere lo sguardo dalla scatola misteriosa.
“La trovo bene Thomas, ha un aspetto raggiante! Come sono andate
queste ultime settimane?”
Con la stessa eccitazione di un bambino, Thomas sollevò il coperchio
e gli mostrò il contenuto.
“Sono entrato in possesso di questo manoscritto che si è
miracolosamente salvato da un incendio e ho il compito di mettere
insieme tutta la storia in un componimento narrativo.”
Il dottor Allen si dimostrò incuriosito da questo evento che
sembrava aver scosso il paziente dalla sua costante apatia; questo
progetto, forse, gli avrebbe dato modo di ritrovare la fiducia in se
stesso e il buon umore e magari aprire uno spiraglio verso una vita
nuova. Si predispose ad ascoltare la storia narrata nel plico di
fogli bruciacchiati, augurandosi che la sinossi del dentista fosse
chiara e soprattutto concisa.
“Che ne pensa dottor Allen?”
“Direi che probabilmente la vicenda può piacere a chi ama il
genere, purtroppo però la devo interrompere, abbiamo ancora solo
pochi minuti e credo che a conti fatti, forse sarebbe meglio
approfondire l’argomento, se vuole possiamo continuare la prossima
volta.”
Thomas si rabbuiò all’istante e guardò l’orologio a parete,
aveva ancora a disposizione una quindicina di minuti prima che la
seduta si potesse ritenere conclusa.
“Ho capito dottore, lei non nutre il mio stesso interesse, eppure
più volte, qui in questa stanza le ho detto che ho sempre desiderato
scrivere un libro e ora, con questi appunti a disposizione potrei
ricavarne un buon testo, non crede che mi farebbe bene?”
Lo psicoterapeuta non rispose alla domanda, ma a sua volta gliene
rivolse una:
“Trova sia corretto utilizzare del materiale non suo?”
Thomas lo guardò risentito ed ebbe un moto di stizza alzandosi dal
divano per riporre il manoscritto nella scatola gialla. Il dottor
Allen lo lasciò fare senza proferire parola.
“Il mio tempo è finito, devo andare.” disse prendendo il
contenitore sotto il braccio, dopo di che si fermò sulla porta e
quanto disse subito dopo, lasciò sconcertato lo psicoterapeuta.
“Credo che interromperò la terapia, almeno per qualche tempo, devo
riflettere su questo suo atteggiamento ostile riguardo a qualcosa che
io ritengo importante per la mia vita e credo che in questo momento
lei non sia la persona più adatta a seguirmi.” Parole dure ma
sincere, il dottor Allen si alzò dalla poltrona e gli si avvicinò
esortandolo a ripensarci, dichiarando che i problemi psicologici che
lo affliggevano non erano da sottovalutare e che in tutti quegli anni
di terapia, aveva raggiunto degli ottimi obiettivi; la sua decisione
di abbandonare proprio ora, avrebbe potuto avere anche gravi
conseguenze.
“La sollevo dall'incarico, mi mandi il conto via mail, le farò un
bonifico a saldo.”
“Non sia così drastico, si prenda il tempo necessario per
riflettere e poi...”
Thomas lo interruppe e fu inamovibile, doveva andarsene, non si
sentiva a proprio agio, aveva bisogno di aria fresca. Lo
psicoterapeuta valutò che fosse meglio non insistere, gli dichiarò
di rispettare la sua decisione, ma si rese disponibile a riparlarne
con calma e a continuare le sedute qualora ci avesse ripensato.
Rincasò demoralizzato e non più sicuro di voler continuare nel suo
progetto perché, come detto dal dottor Allen, il materiale non era
suo. Come aveva fatto a non pensarci! Chiuse il manoscritto nello
sgabuzzino di casa e si strinse nelle spalle; la sua vita avrebbe
ripreso il consueto ritmo monotono tra pazienti inesistenti e serate
trascorse in solitudine. Più volte nei giorni a seguire, fu tentato
di riprendere la scatola gialla, ma ogni volta che ci si avvicinava,
ci ripensava e tornava sui propri passi e la scatola rimaneva là,
chiusa nello stanzino.
III
La giornata era trascorsa lenta e monotona, pochi pazienti si erano
seduti sulla poltrona dentistica e Thomas aveva in ogni caso operato
senza indugio cercando di fare del suo meglio, mostrandosi cordiale e
rassicurante, aveva perfino canticchiato il solito motivetto mentre
infilava le mani nella bocca dell’ultimo cliente che se ne era
andato soddisfatto e di fretta perché da lì a poco si sarebbe
scatenato un temporale che nulla di buono faceva presagire. Le nuvole
scure e cariche di pioggia incombevano sulla città e anche lui
convenne che fosse meglio rientrare a casa; e si preparò a chiudere
lo studio, controllò l’agenda, fece la spunta sui nomi dei
pazienti della giornata e se la infilò nella tasca della giacca. Lo
squillo del telefono lo sorprese nell’atto d’inserire la
segreteria telefonica, optò perché la chiamata fosse registrata e
pigiò il tasto. Il disco con il messaggio di orari dello studio
partì all’istante. S’infilò il soprabito restando in ascolto.
“Accidentaccio! Dottor Mayr, sono Giulia Orwell ho bisogno di
vederla, è urgente.” Thomas non indugiò un attimo sentendo la
voce della bella paziente e si precipitò all’apparecchio.“Buonasera
Miss Orwell, cosa posso fare per lei?”
Per nulla stupita dell’immediatezza della risposta, la donna parlò
con voce nervosa.
“È di estrema importanza, non posso spiegarle ora, ma la prego si
sbrighi e porti con sé la scatola gialla. Ha presente, dove sono i
box dello storage? Se non lo sa segua le indicazioni per la zona
industriale, c’è un cartellone luminoso all’ingresso del
piazzale. La aspetto là all'altezza del numero 147.”
Aveva riagganciato senza dargli il tempo di replicare. Quella Giulia
Orwell era veramente poco diplomatica se non addirittura selvatica,
pensò stuzzicato dalla curiosità dell’evento e sicuramente felice
della opportunità d’incontrarla ancora, qualunque fosse
l’emergenza. Con quel pensiero chiuse definitivamente lo studio e
prese un ombrello dimenticato da chissà chi fuori dalla porta e si
avviò verso casa, mentre le prime gocce di pioggia presero a
scendere leggere ma insistenti.
Sonja Radaelli nasce a Milano il 4 settembre1960.
Collabora nell'azienda di
famiglia che da generazioni si occupa di stampa. La passione per la
scrittura ha segnato la sua carriera letteraria con la pubblicazione
di testi teatrali, racconti e romanzi caratterizzati da pennellate
di giallo. Dal 2012 è mediatore culturale linguistico presso
istituti penitenziari in Lombardia. Giallo dietro le sbarre è il
prodotto di questa esperienza.
Facebook: https://www.facebook.com/sonja.radaelli.5
Email: info@sonjaradaelli.it
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